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alpe di Siusi - 2013 - Foto Pietro

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POESIE E DINTORNI, DAL MONDO




lunedì 26 agosto 2013

The Meeting - L'incontro



The Meeting
 
We started speaking –                                   
Looked at each other; then turned away –
The tears kept rising to my eyes
But I could not weep
I wanted to take your hand
But my hand trembled.
You kept counting the days
Before we should meet again
But both of us felt in our heart
That we parted for ever and ever.
The ticking of the little clock filled the quiet room –
Listen I said; it is so loud
Like a horse galloping on a lonely road.
As loud as that – a horse galloping past in the night.
You shut me up in your arms –
But the sound of the clock stifled our hearts' beating.
You said ‘I cannot go: all that is living of me
Is here for ever and ever.’
Then you went.
The world changed. The sound of the clock grew fainter
Dwindled away – became a minute thing –
I whispered in the darkness: ‘If it stops, I shall die’.


L’INCONTRO

Cominciammo a parlare –
ci guardammo; poi distogliemmo gli occhi –
le lacrime premevano alle ciglia
ma piangere non potevo – volevo prenderti
per mano ma la mano tremava.
Tu continuavi a fare il conto dei giorni
che mancavano al prossimo incontro
ma sapevamo in cuore entrambe
che ci separavamo per sempre, sempre.
Il ticchettìo della piccola pendola riempiva il silenzio
della stanza – Ascolta, dissi, è forte
come un cavallo al galoppo su una strada deserta.
Forte come un cavallo che s’allontana nella notte.
Mi stringesti fra le braccia – ma il rumore
della pendola soffocò il battito dei cuori.
Dicesti “Non posso andare: tutto quanto di me è vivo
rimane qui per sempre, sempre.”
Poi te ne andasti.
Il mondo cambiò. Il rumore della pendola impallidì
svenne –  divenne piccolissima cosa –
Sospirai nel buio: “Se si ferma, morirò.”


traduzione di Marcella Corsi




Alpe di Siusi - 2013 - Foto Elepieste

 INCONTRO

Queste dure colline che han fatto il mio corpo
e lo scuotono a tanti ricordi, mi han schiuso il prodigio
di costei, che non sa che la vivo e non riesco a comprenderla.
L'ho incontrata, una sera: una macchia più chiara
sotto le stelle ambigue, nella foschia d'estate.
Era intorno il sentore di queste colline
più profondo dell'ombra, e d'un tratto suonò
come uscisse da queste colline, una voce più netta
e aspra insieme, una voce di tempi perduti.
Qualche volta la vedo, e mi vive dinanzi
definita, immutabile, come un ricordo.
Io non ho mai potuto afferrarla: la sua realtà
ogni volta mi sfugge e mi porta lontano.
Se sia bella, non so. Tra le donne è ben giovane:
mi sorprende, e pensarla, un ricordo remoto
dell'infanzia vissuta tra queste colline,
tanto è giovane. È come il mattino, mi accenna negli occhi
tutti i cieli lontani di quei mattini remoti.
E ha negli occhi un proposito fermo: la luce più netta
che abbia avuto mai l'alba su queste colline.
L'ho creata dal fondo di tutte le cose
che mi sono più care, e non riesco a comprenderla.

Cesare Pavese
"Lavorare stanca" 1936 


Versi liberi raggruppati in tre strofe di varia ampiezza e un distico finale.
In questa poesia, la donna e la terra natale di Pavese sono un tutt'uno, con le stesse caratteristiche, testimonianza del legame del poeta con le sue colline.
E' proprio il termine  colline che permette di associare la donna alla terra natale.
Ma le parole più forti e più significative della lirica sono "non riesco a comprenderla": non comprende la donna o se stesso?